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Articolo Originale di Repubblica
Quel videogiocatore
è un atleta intelligente</center>
Quel ciccione in divano è un atleta e un intellettuale raffinato. Non che ce ne fosse bisogno di saperlo dagli scienziati, perché è chiaro a chiunque abbia figli in casa: i "videogiocatori" lo fanno meglio. Sono più veloci. Hanno l'occhio più attento, sintetizzano l'informazione più rapidamente e più presto degli altri reagiscono con una propria mossa ad una situazione di rischio esterno.
La ricerca dell'Università di Saint Louis, diretta dal dottor Alan Castel ha esaminato un gruppo di ragazzi che giocano abitualmente su console e giochi al computer e un gruppo di ragazzi che non lo fa. A tutti sono stati somministrati test di velocità in alcuni movimenti base nell'uso di vari dispositivi, tra cui quelli di guida. E' risultato che i videogiocatori erano più veloci anche di 100 millisecondi.
Della ricerca si è parlato su più siti e giornali, una buona sintesi in italiano ne ha fatto Punto Informatico. Ma questa ricerca scopre ciò che sapevamo già. Quell'allenamento è forte, veloce, conferisce una coordinazione occhio-mano del tutto insuperabile. Sentiamo già le obiezioni degli antitecnologici: non si tratta di una gran dote, quella che i ragazzi hanno guadagnato con i videogiochi, perché è un fatto "puramente fisico". Al contrario, si tratta di atleti veri e propri, perché queste forme di coordinazione finissima e veloce sono espressioni dell'intelligenza umana.
Il concetto di "espressione fisica dell'intelligenza" è stato messo a punto già negli anni '70-'80 all'interno delle scienze dello sport, cioè di quelle attività che studiano la composizione interna - psicologica, fisiologica, neurologica e biomeccanica - della prestazione sportiva. Ricevere in una partita di calcio un passaggio mal fatto mentre si è marcati dall'avversario e sottrarsi in modo sorprendente per aprire il gioco su una fascia è operazione motoria complessa, perché include una riprogettazione dello spazio circostante in vista di una nuova situazione geometrica.
Ciò avviene attraverso la concezione e l'esecuzione di uno schema mentale che viene disegnato e applicato nel giro di pochi secondi. Ogni bravo allenatore tende a far assimilare il più possibile tali "programmi motori", sotto forma di schemi precostituiti, ma questi restano comunque forme di elaborazione intellettuale. Nel sudore dell'atleta, nel suo occhio e nei suoi piedi (o mani) ci sono almeno altrettanta intelligenza che in un esercizio di algebra o che nella traduzione in italiano di una frase di Cicerone.
Il videogiocatore è un atleta immobile. Ciò che si muove sono i suoi nervi, la sua coordinazione occhio/mano, il processo di assunzione dell'informazione che dà luogo all'analisi del rischio e mette a punto il programma di risposta. Atleta, atletissimo. E intellettuale. Perché i passaggi che portano all'elaborazione della risposta, benché memorizzati, hanno richiesto un processo di analisi della situazione esterna.
E' per questo motivo che ormai da decenni i piloti militari sono allenati con raffinati videogiochi che simulano per loro complicate situazione di analisi strategica.
Tutto questo può risultare molto indigesto alla nostra cultura, intendendo con questa il senso comune di coloro che però prendono decisioni nella società e la influenzano - educatori e insegnanti, allenatori e medici, giornalisti e commentatori.
E' che bisogna "amare" lo stress. Già Water Benjamin, negli anni '30, vedeva nello "stress" della vita urbana un elemento ineliminabile della vita contemporanea. Sviluppando i suoi presupposti, vediamo come il rapporto con la macchina che richiede reazioni veloci (ma anche l'automobile le richiede e dalla velocità ed efficienza della risposta dipende la vita di chi è a bordo del mezzo), è un aspetto costitutivo della nostra vita. Che è una vita basata sulla prestazione. Negli anni del boom internet, dove della velocità si era arrivati a fare una apologia acritica, circolava un detto in spagnolo che in italiano suona: "Bisogna lavorare alla velocità del pensiero". A volte anche più di così.
(4 luglio 2005)